Il congelamento degli assets russi e le sfide per l’UE

Il congelamento degli assets russi e le sfide per l’UE

Commento n. 017/2025 NS

Il 12 dicembre 2025 il Consiglio dell’Unione Europea (UE) ha approvato, a maggioranza qualificata e tramite procedura scritta, il regolamento 2025/2600 relativo a misure di emergenza per affrontare le gravi difficoltà economiche causate dalle azioni della Russia nel contesto della guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina. Questo regolamento – che era stato inizialmente proposto dalla Commissione europea meno di 10 giorni prima, il 3 dicembre – rappresenta una misura dirompente nella risposta dell’UE alla guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Il regolamento, infatti, congela sine die gli assets della Banca Centrale Russa (BCR) detenuti da operatori finanziari all’interno dell’UE – e così serve da premessa per la possibile creazione di un prestito all’Ucraina garantito dagli assets russi sul quale si dovrà esprimere il Consiglio europeo nel summit del 18-19 dicembre.

Nello specifico, l’articolo 2 del regolamento stabilisce che “è vietato qualsiasi trasferimento diretto o indiretto di attività o riserve della [BCR]” – così sottraendo il congelamento degli assets della BCR dalla legislazione UE relativa alle sanzioni. Già oggi, le sanzioni adottate dall’UE contro la Russia per la sua aggressione all’Ucraina prevedono il congelamento degli assets della BCR, ma le sanzioni UE devono essere rinnovate all’unanimità dei membri del Consiglio dell’UE ogni sei mesi, così creando rischi, soprattutto vista la vicinanza politica dell’Ungheria alla Russia. L’articolo 3 del regolamento 2025/2600, invece, prevede che tutte le banche europee dovranno riportare periodicamente alla Commissione informazioni sugli attivi della BCR, senza poterne disporre. In aggiunta l’articolo 4 prevede che “Non è concesso alcun diritto […] di indennizzo o diritto analogo, ad esempio un diritto di compensazione […] se la richiesta è presentata dalla [Russia]. Non è riconosciuta, attuata o eseguita nell’Unione, finché è in vigore il presente regolamento, nessuna decisione giudiziaria, arbitrale o amministrativa ottenuta dalla [Russia]”, così salvaguardando gli operatori finanziari europei da possibili misure ritorsive della Russia. L’applicazione del regolamento, che ex articolo 5 è sottoposto al periodico riesame della Commissione, è definita come temporanea. In particolare, ai sensi dell’articolo 6, il regolamento cesserà di applicarsi “quando sono soddisfatte le condizioni seguenti: a) la Russia cessa la sua guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina; b) la Russia fornisce all’Ucraina riparazioni nella misura necessaria a consentire la ricostruzione senza conseguenze economiche e finanziarie negative per l’Unione; e c) azioni della Russia nel contesto della sua guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina hanno oggettivamente cessato di comportare un forte rischio di gravi difficoltà per l’economia dell’Unione e dei suoi Stati membri.”

Sebbene come ho spiegato nel mio recente libro la risposta dell’UE alla guerra in Ucraina sia stata rimarchevole, l’adozione del regolamento 2025/2600 è un atto senza precedenti – soprattutto per la base giuridica sui cui esso si fonda. Il regolamento 2025/2600 si basa infatti sull’articolo 122 Trattato Funzionamento UE (TFUE). Questa clausola consente al Consiglio, su proposto della Commissione, di “decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica”. In temi recenti, l’UE ha adottato sulla base dell’articolo 122 TFUE vari atti, tra cui il Fondo per la ripresa NextGenerationEU per rispondere alla pandemia di Covid-19, le misure per affrontare la crisi energetica causata dalla guerra russa, nonché il Fondo Security Action for Europe (SAFE), istituito nel maggio 2025 per favorire il riarmo nazionale. Tuttavia, in tutti questi precedenti, le misure adottate avevano un obiettivo economico diretto, ed erano orientate a sostenere la ripresa o l’aumento delle spese della difesa degli stati membri. Il regolamento 2025/2600, invece, persegue uno scopo diverso: congelare gli asset della BCR. Nelle sue premesse, il regolamento afferma che questa misura è necessaria poiché la guerra russa in Ucraina causa “gravi difficoltà per l’economia dell’[UE]”, e la possibile restituzione degli assets alla BCR aggraverebbe la situazione, rendendo “necessaria una maggiore risposta di bilancio da parte dell’[UE] e dei suoi Stati membri per sostenere l’Ucraina e l’economia dell’[UE].” E’ evidente però che il regolamento 2025/2600 ha essenzialmente una finalità di politica estera e di sicurezza, e non a caso è propedeutico alla possibile emissione di un prestito per l’Ucraina garantito dagli assets della BCR, che serviranno a ripagare il debito se la Russia non compenserà l’Ucraina.

Con il regolamento 2025/2600 dunque, l’UE raggiunge un obiettivo politico importante, ovvero privare la Russia di risorse, che invece potranno essere usate a beneficio dell’Ucraina. Questo solleva ovviamente una serie di questioni giuridiche. Dal punto di vista del diritto dell’UE, è incerto se il ricorso all’articolo 122 TFUE costituisca una forzatura del trattato. In effetti, l’uso esponenziale di questa clausola ha consentito all’UE di affrontare situazioni impreviste – venendo così a fungere da equivalente dell’articolo 77 della Cost. italiana, che consente l’adozione di decreti legge “in casi straordinari di necessità e urgenza”, ma che è invece usato regolarmente. Nondimeno questa disposizione (oltre a consentire una decisione a maggioranza qualificata del Consiglio) esclude interamente il Parlamento europeo (PE) dal processo decisionale, con conseguenze democratiche. Infatti, anche l’adozione di SAFE sulla base dell’articolo 122 TFUE ha sollevato dubbi, e il PE ha avviato una causa per annullare tale regolamento davanti alla Corte di Giustizia dell’UE (CGE). Poiché l’Ungheria ha già annunciato un ricorso contro il regolamento 2025/2600, c’è da attendersi un’importante pronuncia della CGE in materia. In aggiunta, dal punto di vista del diritto internazionale – alla cui “rigorosa osservanza” l’UE è tenuta ex articolo 3 Trattato UE (TUE) – il regolamento 2025/2600 pone dubbi di compatibilità con il principio consuetudinario dell’immunità sovrana degli stati, che protegge gli assets delle banche centrali. Certamente, è pacifico che l’aggressione della Russia all’Ucraina costituisca una violazione grave dei principi supremi della comunità internazionale. Inoltre, il regolamento non impedisce la restituzione alla BCR dei suoi assets: anzi, esso professa di essere una misura temporanea che cesserà di applicarsi ove la Russia finirà la sua aggressione e compenserà l’Ucraina dei danni, come impone il diritto internazionale - diversa, e giuridicamente più problematica, è invece la questione dell'uso degli assets della BCR per garantire il rimborso di un prestito all'Ucraina, su cui appunto deve ancora esprimersi il Consiglio europeo. In ogni caso, la Russia ha già fatto ricorso ad una corte arbitrale di Mosca per ottenere la condanna del Belgio per esproprio illegale. D’altronde, poiché il diritto internazionale consente ritorsioni contro violazioni commesse da altri attori, è prevedibile che la principale risposta russa all’UE avvenga con esproprio di assets europei presenti in Russia.

In conclusione, approvando il regolamento 2025/2600 l’UE ha abbandonato remore a rispondere in modo aggressivo alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Ciò rappresenta un sussulto di fronte ad un quadro di sicurezza che si aggrava per l’Europa, anche in conseguenza della nuova strategia di sicurezza americana, pubblicata in 5 dicembre. Nondimeno, oltre a confermare un uso creativo delle basi giuridiche in tempi di guerra, l’azione dell’UE solleva nuovi interrogativi normativi e politici. Al netto della legalità di diritto UE e internazionale del regolamento 2025/2600, poiché una reazione della Russia è ampiamente anticipabile, è bene che le istituzioni dell’UE si preparino a superare altre linee rosse, avanzando rapidamente verso capacità di difesa e fiscali comuni. 

*Professore ordinario di diritto dell’UE presso la Dublin City University; Direttore Fondatore del Dublin European Law Institute

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